martedì 28 febbraio 2012

Fenomenologia del Triangolo

Io no. Non è che non l’avevo considerato: è che non l’ho mai capito, proprio. 
Per un periodo significativamente lungo, mi sono anche chiesto se avesse un qualche senso. Poi, se fosse un’epidemia. Poi, se fosse il caso di cominciare a preoccuparmi. Poi, se nel kebab volevo solo la salsa yogurt o anche il piccante. 

In principio era Bugo. E Bugo era il Triangolo. E il Triangolo era su una base synth. E passava su Radio Deejay. Egli era in principio il Triangolo e l’inventore della Crisi. Parola di Sacro Profeta Linus e di Gran Lacchè Savino. Erano in principio un Triangolo. 
Voglio dire, loro tre? No, perché io non ho nessuna difficoltà ad immaginare un ménage Linus-Nicola Savino-Cristian Bugatti. Cristian Bugatti, in arte Bugo. Complimenti per la fantasia. Ma Bugatti quello degli asciugamani? C’è qualcosa che mi sfugge. Comunque, Savino sicuro guardava.

In principio era Bugo. E Bugo era il Triangolo. E doveva entrare nel giro giusto. Parliamo di questa cosa: non ci bastava Battiato, avevamo bisogno anche di un suo clone del cazzo, ancora più frocio (se possibile), passato da una lavanderia a gettoni che di decente ha solamente il pavimento a un universo arcade di triangoli, skinny jeans e il resto. 
Non so se avete mai visto quel video. 


Nella Terra Promessa degli hipster si stagliano all’orizzonte enormi piramidoni neri. Fasci di luce discotecari in stile Milano Marittima si propagano nell’aria e poi arriva Lui. E fa il robottino. Imbarazzante, francamente. Tanto da meritarsi perfino di andare in filodiffusione alla Conad per oltre un mese. 
C’era il mio coinquilino Nicola, che si pronuncia Nicòula, che la cantava alle zucchine. Ora, non so perché cantasse “fammi entrare, per favore” a una zucchina o meglio: lo so perfettamente. “Fammi entrare, per favore”, praticamente un’ottimo titolo per un porno sfigato. Quasi al livello di “Scusa, te lo metto un attimo. Se non ti dò troppo fastidio, magari”.


Nicola, che si pronuncia Nicòula, gran personaggio. Non solo la sapeva a memoria, ma ci aveva costruito sopra una filosofia intera: lo sciroccato, che millantava una evidente somiglianza tra Bugo e David Bowie, era convinto che fosse legittimo presumere iuris et de iure una qualche apologia della gioventù moderna in cinque righe sgrammaticate di testo. E io ero quello che non capiva la fatica di farsi strada nel giro giusto. Ma quale, quello della droga o della prostituzione? -Battutone. Ancora oggi a distanza di anni me ne compiaccio quando ci ripenso.

Fatto sta che la filosofia di Nicola, che si pronuncia Nicòula funzionava eccome. Almeno, funzionava con Cristina. E Giulia. E Chiara, che si è sdraiato sul tavolo del soggiorno mentre io facevo colazione. Così, io bestemmiavo contando i Cheerios che erano stati sbalzati dal loro movimento ondulatorio al di là del bordo di ceramica di una tazza della Lazio; Chiara, noncurante del fatto di avere la gonna sollevata praticamente all’altezza dello sterno, tentava sgraziatamente di sistemarsi i capelli allo specchio; e Nicola, che si pronuncia Nicòula andava a pisciare nello scarico della grondaia in terrazza.

Era così giusto Nicola, che si pronuncia Nicòula, da essere stato capace di convincermi a fare un tentativo di entrare in questo cazzo di giro. Quello di Chiara, la fighetta della gonna. O dei capelli. Fate un po’ voi. Cinque sfigati, tre ragazzi e due ragazze che si erano conosciuti nello stesso locale. E già la cosa mi convinceva poco: troppo squilibrata, visto che di Chiara avevo ormai scoperto tutto. L’altra, Margherita, era una ragazza che amava definirsi allegramente depressa (come Bugo -un grande! Ciè non puoi capire!! Ciè un grande!!!), come testimoniavano circa un’ottantina di foto monoespressione su Facebook, in cui faceva questa cazzo di cosa con le mani. Un Triangolo. Due Triangoli. Ottanta Triangoli. 


Perché la cosa che non avevo ancora capito era sempre quella. Glielo chiesi, a Margherita, il significato del Triangolo. Lei stette a guardarmi per cinque minuti come se fossi un alieno. Ricordo che cercai vagamente di chiederle se c’entrasse qualcosa con l’adattabilità del triangolo, il fatto che sia la forma fondamentale. Lei mi rispose che non si potevano fare discorsi di questo tipo in discoteca. E, cazzo, ero in una discoteca veramente, Cristo santo. Per andare dietro a un coglione che professava la mia liberazione dalle maglie dell’anti-socialità, ero andato a finire nell’ultimo posto al mondo dove avrei mai voluto essere, una discoteca. 
E Margherita non era neanche scopabile, per quello che mi riguardava. Che culo.

E, seriamente: quella sul giro della droga/prostituzione è una delle mie battute migliori.