Un cane. Una sbronza. Un Erasmus. Un “vaffanculo”. Una ragazza. Una guarigione.
Nel mio caso è stato un cartello con scritto “NO TRESPASSING”.
Un lurido cartello bianco che intimava di non oltrepassare un cancello in ferro battuto, oltre il quale si ergeva un imponente e lugubre castello.
Nel momento in cui ho varcato quel cancello anziché premere “stop” e togliere il dvd, la mia vita è cambiata. In meglio.
Varcare quel cancello non mi ha aperto le porte della tenuta di Xanadu, ma quelle di un nuovo mondo, quello del CINEMA. Non parlo delle commediole di merda con Jennifer Aniston, roba da lunedi sera sul divano con la ragazza (sperando che poi te lo succhi), o film sparatutto da vedere con gli amici. Parlo proprio di cinema. Film coi controcazzi. Roba seria. Arte.
Sapevo cos’era quel film. Nella mia superficiale (ma eterogenea) cultura sapevo che era una delle pellicole più belle di sempre, in cima a tutte le stupide classifiche. Un capolavoro della cinematografia mondiale. Un film rivoluzionario. Tipo la mela di Newton. I neutrini nel tunnel della Gelmini. Le idee di Darwin. Roba tosta, tipo “il mondo non sarà più lo stesso”.
Solo… cheppàlle! Cioè, è un film vecchio. Di quei cosi in bianco e nero che ti viene la tristezza perché anche se c’è il sole è tutto grigio, che le persone sembrano tutte povere o intente a fumare, bere whiskey e minacciarsi. Roba che ti viene a noia dopo 19 secondi, che ti chiedi come vivevano di merda i nostri nonni.
Mai mi sarei sognato di guardarlo. Figuriamoci di comprare il dvd.
Solo che un tizio nell’ufficio in cui facevo lo stage, un giorno arriva a lavoro dicendo che ha masterizzato alcuni film. Li ha portati per tutti. Anche per me.
Che faccio, rifiuto?!
Ringrazio, prendo il dvd, guardo la copertina anonima, ringrazio ancora e lo porto a casa.
Ancora una volta avevo salvato le apparenze, giocando al “bambino educato”, ed era filato tutto liscio.
L’indomani, in ufficio, parte il giro di domande: “Allora, t’è piaciuto?”
Cazzo.
“E a te? Che te n’è parso? Bello?”
Ho continuato a salvare le apparenze (si legge “mentire”) e giocare al “bambino educato”, dicendo che avevo avuto da fare e che lo avrei visto nei prossimi giorni perché era talmente bello che meritava tutta la mia attenzione.
Cenno di assenso da parte di tutti e… voilà! Adesso ero costretto a guardarlo.
La sera torno a casa e inizio a giocare al “bambino che deve finire la cena”. Sì perché era come quando da piccoli ci costringevano a finire le verdure altrimenti non potevamo alzarci o guardare la tv. Ogni boccone sembrava non volesse scendere giù per la gola. Rimaneva lì in bocca e volevi sputarlo. Poi pensavi che stava per iniziare il tuo cartone animato preferito e ti sforzavi, ma era più forte di te. Il broccoletto rimaneva nel limbo. Ormai lo avevi ruminato da quanto era in bocca. Era diventata una poltiglia e fra smorfie e lamenti riuscivi a deglutire con l’immagine dell’Uomo Tigre che ti dava la forza.
Ecco, con quel film succedeva la stessa, identica, cosa.
Lo inserivo nel lettore. Sentivo il mugghio, il turbinio del dvd e appena apparivano le immagini in bianco e nero premevo “esc”. Il giochino durò fino a quando il dvd era stato ruminato dal lettore. Non era poltiglia, ma con la giusta perseveranza ci sarei riuscito.
In ogni modo, era trascorsa mezz’ora ed ero ancora lì, a lottare col boccone. Mi dico “Se non avevo fatto tante storie, a quest’ora ne avevo già visto metà. Giù il boccone, coglione!”
E il mondo non è più stato lo stesso.